Lettera n. 010 - La Terra Promessa
Come internet ha deluso una generazione di sognatori (o illusi?)
Ciao,
sono ormai 10 mesi che ti scrivo da questa civiltà in declino.
Questi luoghi si stanno rivelando più tortuosi ed oscuri di quanto potessi immaginare; gli insegnamenti che si apprendono qui ti entrano nella mente, ti condizionano, ti fanno perdere la via. Ritrovare l’orientamento è difficile mentre ci si addentra in meandri viscidi e tortuosi, che avvelenano ogni tuo muscolo e annebbiano ogni vista.
Sto imparando molto, e sono contento di poterti scrivere i miei progressi di tanto in tanto.
Spero che anche tu, ovunque ti trovi, possa imparare qualcosa dalle nostre storie, dalla nostra condizione.
Di solito posti come questi li si definisce “terre senza Dio”, ma un Dio qui c’è. C’è eccome, e oggi ti parlerò di una delle sue manifestazioni terrene.
Eccoci qui, 10 mesi di newsletter, 10 Lettere da una civiltà in declino, come ho voluto chiamarle quando ho immaginato il concept.
L’idea era quella di fingersi un personaggio non ben definito, che scrive a un destinatario non precisato inviandogli ogni mese delle brevissime lettere in cui prova a descrivere un aspetto di un mondo sull’orlo del collasso, corrotto, incupito e piegato sui propri vizi.
Immaginare un mondo così non è affatto difficile, e per quanto il mittente di queste Lettere non sia mai precisato in alcun modo, è abbastanza semplice capire quale sia la civiltà che prova a descrivere al suo ignoto amico di penna.
Per il tema di questo mese avevo diverse idee, ma alla fine ne ho scelta una, alla base di moltissimi dei temi di Mangiasogni: internet.
Nel tempo che ho preso per scrivere questa newsletter, alcuni miei amici ed io abbiamo scelto di cancellare sia Twitter che Facebook, dove eravamo circa dal 2009 ed era diventato il nostro diario/album dei ricordi digitale.
Sono nato nel 1993, e di conseguenza ho il privilegio di appartenere a quella generazione che ha visto con straordinaria chiarezza la parabola di internet e del suo ruolo nelle nostre vite.
Avendo un’indole marcatamente nerd, soprattutto nella prima adolescenza, ero uno di quelli che già nel 2004/05 passava molto del suo tempo nei forum, su MySpace o su MSN Messenger. All’epoca internet aveva la peculiarità di essere “a compartimenti stagni”: c’erano micro-comunità più o meno grandi che non erano in alcun modo connesse tra di loro. Una persona - adeguatamente nascosta da un nick name e da un’immagine profilo di solito tratta da qualche anime - poteva essere un punto di riferimento in un forum di successo o in una pagina MySpace, ma al di fuori di quella non era nessuno.
Non c’erano influencer, non c’erano celebrità del web universalmente note, che grazie alla fama acquisita online si trasformavano poi in attori, modelli, scrittori, imprenditori ecc… internet era un mondo parallelo a quello reale, col quale era destinato a non incontrarsi praticamente mai (se non nei raduni dal vivo cringe, che qualche community riusciva a organizzare in qualche località dispersa nella provincia del Friuli).
Ma soprattutto, internet era ancora permeato da quella cultura cypherpunk figlia degli anni ‘90 e di film come Matrix o Hackers, e che oggi sopravvive fiocamente in alcune parti molto idealiste del sottobosco crypto. (al netto quindi degli scammoni che promettono soldi facili).
Era diffusa l’idea che fosse destinato ad essere un luogo di libertà, dove dietro anonimato si potessero creare sistemi liberi e democratici in cui condividere le proprie passioni, i propri interessi, crescere in un mondo alternativo che fosse stimolante, funzionale e soprattutto rispettoso dei dati personali. Non fraintendetemi, non voglio fare il miope nostalgico: guardando con gli occhi di oggi certi fenomeni, si vede come già all’epoca ci fosse bullismo online, dipendenza tecnologica (con l’enorme differenza che internet non si poteva portare fuori dalle mura di casa), bisogno di evasione dalla realtà e ricerca dell’affermazione in qualche comunità.
Ci sono però dei punti di svolta in cui gli aspetti già critici di quel mondo sono stati portati all’estremo, oscurando invece gli aspetti piacevoli di cui oggi non c’è praticamente più traccia.
Quel punto di svolta si è avuto verso il 2012/13, quando Facebook ha smesso di essere una delle tante piattaforme esistenti, e ha iniziato a fagocitare le altre, distruggendole.
Molto rapidamente - certe volte è bene ricordarsi quanto diverso fosse il nostro mondo solo 10 anni fa - le cose hanno iniziato a cambiare e ad assumere la forma che hanno oggi.
Internet ormai è pervasivo.
E’ onnipresente, onnisciente, onnipotente. Nell’apertura si parlava di un Dio, no?
Le vite e i destini di persone, aziende, organizzazioni, leader, Paesi, dipendono da internet. Internet decreta il successo di ogni cosa mettendola sopra un castello di carte digitali che sono ancora più fragili e instabili delle metaforiche carte da gioco, vista la facilità con cui poi ti lasciano cadere.
Si vive in ricatto costante. Obbedisci a internet, o morirai.
Se non sei su internet non esisti, se per internet non meriti più vieni cancellato, se ti tieni al di fuori di internet sei strano, inaffidabile, non hai possibilità di farti conoscere, figuriamoci di avviare un business, portare avanti un progetto, delle idee sociali o politiche.
Questo Dio ci governa in moltissimi piani dell’esistenza. Politico, economico, sociale, individuale… parliamone.
Politico.
I partiti si muovono al tempo di internet. La sinistra è in crisi da 10 anni, e quali sono i motivi? Sicuramente l’esistenza di crisi che per loro natura è difficile affrontare con strumenti di sinistra - crisi economiche e migratorie, con conseguenti temi di integrazione e sicurezza - ma anche i social hanno svolto un ruolo cruciale.
Lo scopo dei progressisti è immaginare il mondo del futuro, fare ragionamenti a lungo termine, lavorare per il futuro.
Se però la politica si muove al ritmo dei tweet, delle stories, in una campagna elettorale perenne dove ogni mattina un politico deve esprimersi e misurarsi sui temi del giorno, a brevissimo termine, ecco che la possibilità di immaginare un futuro viene meno.
Io voglio risposte e le voglio ora, esattamente come voglio che tutto mi sia consegnato a casa in un giorno o la cena mi arrivi sul divano in 20 minuti.
Ovviamente, se non esiste ragionamento politico a lungo termine, non esistono crisi ambientali o demografiche, diritti civili, dibattiti seri su futuro ed equità generazionale.
Figuriamoci poi di immaginare modelli di vita che possano anche solo mettere in discussione internet, il capitalismo, e la fusione tra questi due sistemi: come dicevo prima, per farlo devi essere per forza dentro internet, alimentando lo stesso meccanismo che provi a osteggiare.
Economico.
Come riportato anche nel libro di Luc Bellemare Techno-Capitalist-Feudalism (che non linkerò su Amazon per ovvie ragioni), parlare oggi di capitalismo è sbagliato.
Secondo i sostenitori di questa teoria, il Tecno Feudalesimo, dal 2010 siamo passati in una nuova e più estrema fase di distribuzione della ricchezza, disparità e rapporti tra classi sociali.
Il termine “capitalismo” sarebbe addirittura troppo tenue per descrivere una situazione in cui c’è una classe sociale di persone estremamente ricche e potenti che vivono come sovrani assoluti (nel significato originario di absolutus; “libero da qualsiasi vincolo”) e poi tutte le altre classi, che pur godendo di livelli di libertà e stili di vita diversi sono tutte accomunate dal fatto di essere semplice forza lavoro al servizio della classe dominante.
Ora, guardiamoci bene attorno. Abbiamo il coraggio di negarlo?
Poi su questo aspetto tornerò meglio dopo, prima voglio ben delineare il quadro.
Sociale.
Poco fa un amico mi ha mandato un video di Deadmau5 di diversi anni fa, in cui parlava di come farsi notare nel mondo della musica e dello spettacolo all’epoca (anni ‘10).
A un certo punto dice testualmente “connections made in person are a fucking million times more valuable than a spam DM”.
Per la mia attività di creativo questa cosa mi ha colpito molto.
Viviamo in una società in cui incontrarsi di persona è molto scoraggiato. Alla fine, tutto può essere risolto online; prima di uscire con qualcuno si può vedere il meteo e bidonare all’ultimo, e lo stesso si può fare se improvvisamente si presentano occasioni migliori; si flirta online, spesso si fa sesso online; non c’è incentivo a fare viaggi lunghi per incontrare delle persone, se tanto basta una chiamata Zoom per fare tutto.
Anche qui rischio di peccare di eccesso di nostalgia, ma forse non vedendosi mai manca qualcosa, anche perché quando ci si vede si è sempre distratti, iper stimolati, presi a dire la propria invece di ascoltare.
Ho anche recentemente visto uno spezzone di un’intervista a Fabri Fibra, in cui diceva che sentendoci così spesso, finiamo per sentirci attraverso meme, citazioni. Parliamo come i tormentoni, mandiamo fumettini stupidi di Instagram tipo “odio il lunedì”, ci diciamo “hai visto che ha detto quello?” o “senti cos’ha detto questa”.
La società inoltrata.
E’ curioso che nel dirvi quel che ha detto Fabri Fibra sto facendo la stessa cosa di cui lui si lamenta, non trovate?
Qualcosa si è impoverito a livello sociale, anche senza per forza addentrarci in grandi temi. Oggi ho voluto tenerla così, nel quotidiano dei rapporti personali, giusto per sottolineare ancora di più quanto questo Dio sia onnipresente, nel grande e nel piccolo.
Individuale.
Grazie a un fedelissimo Nokia 3600 Slide del 2008, ho creato un piccolo downgrade kit che ho sempre con me e che utilizzo quando sono un po’ stanco di tutto: cellulare funzionante, adattatore SIM (le SIM di ora non ci vanno più), caricabatterie.
L’ho fatto anche il weekend scorso, e ogni volta mi accorgo di una serie di cose: c’è molto più silenzio, ho l’uso di entrambe le mani, sono molto più concentrato e attento, dormo meglio.
Ormai conosciamo bene le conseguenze più diffuse della vita iper stimolata che facciamo: attenzione ridotta ai minimi termini, memoria fragile, scarsa concentrazione, senso di FOMO, solitudine accentuata, invidia sociale, confronto con la vita degli altri, senso di inadeguatezza, paura del confronto, depressione, disturbi alimentari.
I Signori del GAFAM.
Ma dove voglio arrivare, quindi?
Internet, dicevamo, è onnipresente, onnipotente, onnisciente.
Onnipresente: pervasivo, portatile, perenne. Non c’è modo di scappare da internet. Ti svegli e la prima cosa che fai è scrollare, vai a letto e l’ultima cosa che fai è scrollare. Addirittura quando dormi uno smartwatch sta monitorando i tuoi parametri vitali.
Vuoi ordinare cibo a domicilio? Internet. Vuoi comprare vestiti? Internet. Biglietto del bus? Internet. Prestazioni mediche? Internet. Vuoi avviare un business? Internet. Divulgare i tuoi disegni? Internet. Fondare un partito? Internet.
Onnipotente: Prende delle persone e le rende milionarie. Prende le stesse persone e le cancella. Decide i trend di mercato. Decide i trend politici. Spesso decide cosa pensi, cosa vuoi comprare, cosa vuoi fare, a quale festa andrai. Può tutto.
Onnisciente: Da quasi 15 anni internet conosce ogni cosa. E non parlo solo della ricetta della bisque di gamberi, la capitale dello Sri Lanka o il fatto che Riccardo Cocciante sia nato a Saigon.
Sa tutto.
Raccoglie in ogni istante i dati di miliardi di persone. Sa cosa dici ai tuoi amici, conosce le tue paure, sa chi ti piace, su quali video ti masturbi, quali contenuti prediligi, che musica ascolti, cosa ti spaventa, quali malattie hai o potresti avere, quali orribili atti hai commesso e non riesci a confessare.
Un Dio.
E se vi dicessi che non è Internet il Dio di questa vicenda, ma solo una delle sue manifestazioni terrene?
Tutto quello che ho elencato nelle precedenti righe, non accade per caso.
La tecnologia, questa tecnologia, non è neutrale.
Internet non crea e distrugge talenti perché deve farlo, o in modo totalmente neutrale e casuale. Non ti porta il cibo a casa in mezz’ora perché è il suo compito. Non influenza le elezioni verso quello che è il neutrale interesse della popolazione. Non ti mostra sul feed le cose più giuste per te.
Internet è controllato.
All’inizio di questa newsletter parlavo ancora di un internet permeato dalla cultura cypherpunk, dall’utopia di avere un mondo cibernetico governato da privacy, anonimato, democrazia (o addirittura anarchia!), libertà. Questo non è affatto successo, anzi. E per fortuna molti se ne stanno accorgendo (pur restando nella generale passività e impotenza).
Oggi ci sono dei personaggi, che occupano il vertice assoluto del mondo Tecno Feudale di Bellemare, che controllano totalmente questi mezzi, e li usano a loro esclusivo interesse.
I Signori del GAFAM: Google Apple Facebook Amazon Microsoft. A cui potremmo aggiungere i simpaticoni di TikTok.
Vedere tutta l’onnipotenza-onnipresenza-onniscienza di internet chiusa nelle mani di pochissime persone, che nel frattempo sono anche multi-miliardarie, famose su scala mondiale, controllano altre società di interesse strategico globale, sembrano essere immuni a ogni tipo di normativa (fiscale e sindacale soprattutto) rende abbastanza facile capire la delusione di chi da Internet si aspettava tutt’altro: uno strumento di liberazione e democrazia, non il braccio armato di quello che è il vero Dio di questa vicenda, il Capitalismo.
Lo Stato dell’Arte.
Le vicende degli ultimi mesi - dal 24 febbraio in poi - ci hanno dimostrato quanto sia pericoloso avere in giro per il Mondo delle persone che hanno a disposizione mezzi sconfinati, ma sono prive di un efficace controllo democratico (mi riferisco ovviamente a Putin e alla Guerra in Ucraina).
Al momento ci sono diverse persone, forse meno di 10, che dispongono di un potere sconfinato, assoluto, libero da ogni vincolo e legge, e ovviamente da ogni controllo democratico, che sanno tutto di noi, hanno accesso illimitato al credito (i 44 miliardi dati e Elon Musk non verrebbero concessi alla maggior parte dei Paesi del Mondo), legami privilegiati con governi, spesso le loro industrie hanno anche dirette applicazioni belliche.
Sono lì, li conosciamo tutti, e li lasciamo fare giorno dopo giorno.
Come amo dire, forse nella prima volta nella Storia siamo sotto un Padrone che non ci domina, ma ci seduce.
La messaggistica istantanea, le merci a casa in un giorno, i social network… un insieme di cose che ci impediscono di prendere pienamente coscienza della cosa.
Come uscirne, quindi?
Aspetto vostre idee, spunti e suggerimenti.
Visto il contenuto di questa newsletter, non vi sorprenderà sapere che la mia principale fonte di impazienza deriva dal desiderio di uscire dalla sfera di internet, e agire un po’ più nel mondo reale.
Al momento sono molto distante, ma per avvicinarmi a questo sicuramente aiuta il vostro supporto.
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