Lettera n. 012 - Tempi Bui
Crisi, elezioni, previsioni di un futuro sempre più oscuro: l'attesa del momento ideale potrebbe rivelarsi un grave errore.
Ciao,
avverto una strana fibrillazione nell’aria, come se l’ambiente attorno a me fosse pervaso da una sinistra energia elettrica.
Le persone si guardano attorno spaesate mentre brulicano per le strade delle città: hanno lo sguardo perso, ma le gambe veloci.
Camminano rapidamente, corrono quasi, si innervosiscono se qualcuno o qualcosa li ferma o li rallenta, ma non è ben chiaro quale sia la loro destinazione. Corrono, come se fossero stati addestrati a farlo. Corrono, come se non dovessero fare altro.
Mi sono soffermato sul mio respiro e avevo il fiatone: stavo correndo anche io. Allora ho provato a rallentare, e la sensazione di distacco da quel ritmo mi ha alienato, confuso.
Quella nuova velocità, o quella nuova lentezza, mi aveva dato la possibilità di guardarmi meglio attorno e vedere con più chiarezza il mio mondo: e non mi è piaciuto.
Ed eccoci nuovamente qui, a settembre, alle prese con il numero 012 delle “Lettere da una civiltà in declino”. La mia newsletter mensile in cui - come ben sapete - nella parte iniziale immagino di essere un indefinito personaggio che vaga in una civiltà in declino, che ogni mese scrive delle lettere a un altrettanto indefinito destinatario per provare a raccontare quel che succede.
Sono due mesi in realtà che non escono newsletter, questo perché nel frattempo molte cose sono successe qui su Mangiasogni - giusto per dirne una, a giugno avevo 25.500 follower su Instagram, nel momento in cui scrivo siamo in 58.200 - e aspettavo qualche novità per fare una bella newsletter corposa, in cui raccontarvi anche belle cose sul progetto a cui tutti siamo molto affezionati.
Le novità devono ancora arrivare, e nell’attesa ho procrastinato questo bell’appuntamento mensile con voi, e penso sia un peccato!
Questa cosa però, questa che ho appena scritto, in realtà fornisce un ottimo spunto per la newsletter di questo mese: Tempi Bui. Iniziamo!
Viviamo in Tempi Bui
Siamo a settembre e l’estate è agli sgoccioli (o addirittura già finita per alcuni) e possiamo dire che è stata, almeno per me, un’estate strana.
Iniziata prestissimo, con le fiammate di calore insolito che ci rendevano boccheggianti e sudati già tra maggio e giugno, caratterizzata da prezzi molto alti per andare in vacanza, sicuramente steroidati dall’entusiasmo vacanziero della prima-vera-estate-post-Covid (come sapete a me piace andare in mongolfiera, per pernottare 3 notti in Alto-Adige mi hanno chiesto 700 euro! E ovviamente non sono andato).
Queste cose apparentemente innocue che ho appena elencato, e certamente ne ho dimenticate altre, hanno però l’effetto di strisciare nelle nostre orecchie, farsi spazio attraverso la bocca, scivolarci in gola e formare un bel nodo che si stringe nello stomaco.
Il caldo eccessivo di quest’estate, e la previsione che quasi certamente nei prossimi anni non andrà meglio di così, ci ha dato forse per la prima volta una dimostrazione così chiara delle problematiche climatiche che anche i più superficiali non hanno potuto ignorarla (a cui si aggiunge, tra gli altri, il disastro della Marmolada);
I prezzi altissimi per le vacanze lasciano presagire lo scenario economico che verrà: una recessione che secondo alcuni economisti ed esperti sarà molto grave, e comunque diventerà la terza crisi economica nell’arco di soli 14 anni (2008; Covid 2020; e ora 2022). L’aumento dei costi per le materie prime, le crisi dei semiconduttori, gli stipendi che non crescono a fronte di un sempre crescente aumento del costo della vita, sono minacce sibilline di cui i prezzi gonfiati di voli e hotel ci hanno dato un primo assaggio.
Aumento dei costi e crisi dei semiconduttori, opportunamente messi in grassetto poco sopra, si collegano all’altro aspetto di preoccupazione: le guerre e le tensioni geopolitiche.
La guerra in Ucraina, come prevedibile, ha fatto la stessa fine dei risultati della Serie A di basket, relegata a zone non troppo gloriose dell’attenzione dei quotidiani, ma c’è ancora: ancora miete vittime, ancora distrugge vite e ancora genera (e continuerà a generare) conseguenze sulle nostre vite;
Le tensioni tra Cina, Taiwan e USA, di fondamentale importanza in un mondo ormai governato dai chip e dall’informatica (qui un ottimo Rampini sul Corriere), mettono ancora più carne su un fuoco che non ha alcuna intenzione di spegnersi;
Infine, per non farci mancare nulla, le elezioni.
Calcoli opportunistici di alcune forze politiche (5 Stelle, Lega e Forza Italia) hanno fatto cadere il Governo così da arrivare ad elezioni pochi mesi prima della naturale scadenza della legislatura, in un momento storico che forse avrebbe richiesto la solidità di un Governo nel pieno delle proprie forze. Ma ormai è passato, è successo, e ora siamo in ballo.
Per la prossima parte della Newsletter, partirei da qui.
L’attesa del momento ideale
All’inizio parlavo della mia procrastinazione, no? Ho lasciato correre due mesi di newsletter perché aspettavo qualcosa, aspettavo il momento ideale, e nell’attesa ho perso due ottime occasioni di restare in contatto con voi, raccontarvi qualcosa, dirvi come la penso su temi importanti (le bozze che avevo scritto per luglio e agosto erano fighe, spero di recuperarle un giorno!).
Questo accade perché anche quando siamo inerti, il tempo passa e le cose succedono.
In tantissime occasioni, nel corso di questi anni di Mangiasogni, ho rimproverato un atteggiamento molto passivo delle nostre generazioni (per precisare, mi rivolgo agli attuali Under 40, quindi i nati dopo il 1982): ci si lamenta online, si condivide qualche meme per riderci su, ci si indigna online, si impacchetta qualche dato inquietante in qualche slide ben fatta da società a scopo di lucro che fanno del content creation il loro core business (breve momento LinkedIn), e poi tendenzialmente basta.
E con questo atteggiamento passivo ci stiamo facendo andare bene tutto. Siamo la prima generazione più povera delle precedenti, non esistiamo da nessuna parte, abbiamo accolto Quota100, poi i bonus a pioggia (sui monopattini elettrici e le facciate, mentre c’è gente che lavora in falsa partita IVA per 800 euro al mese a Venezia o a Milano), abbiamo subito con indifferenza un taglio dei parlamentari che ha potenziato ancora di più il controllo dei capi partito, ha azzittito le voci più indipendenti, ha stroncato le uniche istanze progressiste e giovanili esistenti (clamoroso il caso di Giuditta Pini, attentissima e sempre sul pezzo quasi-ex-Deputata del PD).
E quando si agisce veramente? Quando si fa veramente? Quando si protesta veramente?
Non si sa. Così come Mangiasogni aspetta il momento ideale per fare la newsletter con le belle novità, e poi non ne fa nessuna, tutti noi aspettiamo il momento ideale per agire, per dire la nostra, per farci valere.
Ma alla fine le cose vanno avanti, nella direzione in cui devono andare, che è la direzione decisa da chi non aspetta, ma fa; di chi magari è cringe sui social e gli si risponde “ok boomer”, ma intanto comanda; la direzione di chi guida ogni cosa come se fosse indisturbato perché di fatto é indisturbato, se non ogni tanto da una fastidiosa zanzara social che col suo lievissimo ronzio turba in maniera impercettibile e inefficace un silenzio di dominio.
A maggio dicevo che avremmo avuto un anno per dimostrare che ci siamo. Se avessimo votato in primavera 2023, avremmo avuto un anno per dimostrare che a 20, 25, 30 e 35 anni non siamo più dei ragazzini che aspettano la paghetta dei genitori per mangiarsi la pizza fuori, ma possono (devono?) prendersi i propri spazi.
Purtroppo anche in questo caso le forze esterne, che agiscono mentre noi osserviamo, sono intervenute fornendoci un pericolosissimo alibi: non c’è stato tempo.
In realtà sappiamo benissimo che il tempo c’è sempre stato, e lo so per primo io che avevo fondato un’associazione sull’equità inter-generazionale nel 2018, 4 anni fa, in previsione di questo momento, e l’associazione è stata chiusa nel 2022 perché tendenzialmente non se la cagava nessuno.
Quindi il 25 settembre si vota, e quando si vota dobbiamo ricordarci che non scegliamo solo quali persone occuperanno quali caselle: quando si vota alle Politiche decidiamo come sarà il nostro Paese per i prossimi 5 anni. Anzi, per molto di più.
Sondaggi alla mano, il worst case scenario (scusatemi, questa newsletter va così) sarebbe una vittoria schiacciante della destra a trazione Meloni-Salvini. Se seguite questa newsletter conoscete bene le mie idee politiche, magari le condividete anche, e quindi immaginerete il mio scarso entusiasmo nel finire in mano a populisti, urlatori, aggressivi, euroscettici (nonostante le poco credibili virate), con una collocazione internazionale poco chiara, a dir poco cavernicoli sui diritti civili, con una concezione “confindustriana” e distopica dei diritti sociali e del lavoro, con i giovani visti come nerboruti rampolli che si gustano una fresca birra italiana dopo la loro routine di ginnastica, unica vera cura a depressione, alcolismo, dipendenze, anoressia e obesità, imperdonabili devianze di questa gioventù delirante.
(Breve nota: mi preme segnalare come tra le “devianze” della Meloni non ci fossero workaholism e dipendenza da smartphone, o smania per la competizione, o ossessioni derivanti da pressioni sociali. Forse quando le questioni portano soldi ai soliti noti, non sono più devianze ma diventano virtù)
A preoccuparmi ancora di più però, ad essere onesto, è il best case scenario. Devo concordare con Calenda quando dice che indipendentemente dal risultato delle urne, il prossimo governo non durerà più di 6 mesi.
Ok, magari durerà di più, magari di meno, però anche io vedo come possibile scenario il fatto che si tornerà tutti insieme in un bel governo di unità/alleanza/coesione/emergenza nazionale. E secondo me, è un bel problema.
E’ un problema perché è dal 2011 che andiamo avanti così, con governi tecnici che si alternano a governi di unità nazionale (chiamateli come volete).
Quando un governo, che sia di destra o di sinistra, non riesce a essere più o meno unitario di “colore”, deve per forza di cose vivere dei continui compromessi con le altre forze politiche - di colore diverso - che partecipano al governo. Questo vuol dire che il partito o i partiti apparentemente di guida (si pensi al PD nei governi Letta e Renzi, ad esempio) non potranno mai attuare i punti chiave del proprio programma, perché saranno ostacolati dagli altri partiti minori che magari esprimono un paio di Ministri e hanno il potere di ricattare il partito maggiore.
Un governo di unità nazionale quindi è un governo dello status quo.
Tiene in ordine i conti, prova a mantenere una rispettabilità internazionale, a non fare troppi casini. Ordinaria amministrazione. Ogni cosa che va fuori da questo recinto - come tutte le riforme davvero importanti, soprattutto in ambito di diritti - dev’essere rimandata a tempi migliori. Vi ricorda qualcosa?
Per capire se 11 anni di status quo sono una cosa buona oppure no, e per capire se altri - almeno - 5 anni così siano una cosa buona oppure no, fatevi una sola domanda:
a me, lo status quo, piace?
Una Generazione di Topi in Gabbia
Ma facciamo un passo indietro, al paragrafo Tempi Bui di questa newsletter, in cui ho rapidamente elencato delle cose che, a voler usare un eufemismo, non vanno molto bene.
Crisi, guerre, ansie sociali, elezioni, difficoltà: la definizione di quest’epoca come Tempi Bui mi sembra molto azzeccata eppure, come precisato poco sopra, tutti noi Under 40 (che è bene ricordare che non abbiamo 6 anni, ma 20-25-30-35) siamo qui, inerti, a limitare la nostra partecipazione al mondo entro i confini che le big tech del GAFAM (Google-Apple-Facebook-Amazon-Microsoft) ci concedono caritatevolmente (e guadagnandoci miliardi).
Perché? Perché davanti a tempi così bui, davanti a uno scenario così mostruosamente preoccupante, non prendiamo tutte le nostre energie per provare a cambiare direzione? Che fine ha fatto la paura come agente motivante? Eppure io ricordo benissimo che studiavo molto meglio quando gli esami si avvicinavano, perché sentivo la paura della bocciatura o del voto basso.
Parlando con un amico è uscito un concetto che personalmente ho adorato: il concetto di impotenza appresa.
Nella sua accezione più classica si potrebbe intendere così: un topo, chiuso in una gabbia elettrificata, inizialmente proverà ad uscirne. Dopo aver preso la scossa ad ogni tentativo, si sentirà sopraffatto da delle forze esterne ostili e ingovernabili e si paralizzerà. Smetterà di provare a scappare, accettando piuttosto il rischio di morire in gabbia.
Detto altrimenti, quando un soggetto è schiacciato da energie esterne ostili che reputa ingovernabili e immutabili, non userà quella paura e quella sensazione per provare a reagire, ma si paralizzerà. (Lascio comunque qui la pagina Wikipedia, perché quella che riporto io è in realtà una formulazione tradizionale dell’impotenza appresa).
Il parallelismo con la nostra condizione generazionale è evidente.
Credo sia comune, se non addirittura normale, che in fasi storiche in cui la percezione del futuro è oscura, nebulosa e apertamente minacciosa, le persone sentano la tendenza a rifugiarsi in se stesse, usando le risorse a propria disposizione per tutelarsi più possibile dalle botte che arrivano da fuori, piuttosto che per rischiare molto alla ricerca di una soluzione.
Dando quindi un’occhiata a questo momento storico, facendomi faticosamente strada tra i viscidi rami di questa foresta di inquietudine, potrei tranquillamente dire che quei topi in gabbia siamo noi, e viviamo in un momento in cui il futuro ci appare così inquietante e spaventoso, e in cui le forze avverse ci schiacciano con così tanta forza, che come quel topo in gabbia preferiamo paralizzarci dietro un rassicurante “chi me lo fa fare”.
D’altronde lo diceva lo stesso Piero Angela (uno che tra l’altro della vita ha fatto ciò che voleva, a chiara dimostrazione di quanto in realtà il futuro ce lo costruiamo noi - tenendo ovviamente in considerazione un insieme di variabili che ci permettano di uscire dalla dinamica tossica del “se vuoi puoi”), che alla nostra generazione manca la percezione di un futuro di speranza, soffocata dalla percezione di continue crisi.
Concludendo, direi che siamo indubbiamente in Tempi Bui, e che l’inerzia di un’intera fetta di popolazione, quella da cui tra l’altro ci si aspetterebbe un maggior slancio energico, progressista e innovatore, non farà altro che peggiorare la situazione.
Nonostante tutto, la condizione generazionale di impotenza appresa ci spinge verso una logica dell’orticello piuttosto che in un’ottica di rischio in previsione di un risultato futuro.
Inutile dire che siamo in un circolo vizioso: la percezione oscura del futuro ci fa pensare “chi me lo fa fare”, ci porta a non fare figli, a chiuderci in un piccolo nido di risparmi, a cercare lavori sicuri, a non mettere a rischio quei pochissimi privilegi ereditati o acquisti, e tutto ciò non farà altro che rendere ancora più tenebrosa la percezione del futuro, legittimando ulteriormente quei pensieri ecc…
La mia opinione a riguardo è: il futuro non esiste. Nel momento stesso in cui viene ad esistenza, il futuro diventa presente e subito dopo passato, non esiste. Quel che accadrà è conseguenza diretta del presente, presente che solo i vivi possono condizionare e determinare.
Per questo dovremmo aumentare la nostra propensione al rischio, ricordarci di agire sulle leve del mondo al di fuori dei nostri smartphone, usare la consapevolezza che apprendiamo da performattivisti e influencer per trasformarla in azioni vere nel mondo reale, correndo dei pericoli e investendo energie per un futuro che solo noi possiamo costruire in una direzione diversa da quella che al momento è stata disegnata da altri.
Certo, ora non ci sono le condizioni. Bisogna aspettare il momento ideale, le condizioni ideali… esattamente come per la mia newsletter, che poi non è mai uscita.
Un po’ di news dal mondo di Mangiasogni
Da questo mese di settembre 2022 ci sarà un rinnovamento delle grafiche dei canali di Mangiasogni sotto il nome di “Tempi Bui”. Vi lascio qui la mia nuova immagine profilo!
Il canale Telegram è sempre attivo, gratis e libero. Qui il link per iscrivervi! Si chiacchiera liberamente e ci sono diversi spoiler ed esclusive;
Se andranno in porto alcune cose, vorrei festeggiarle facendo finalmente il sito internet di Mangiasogni. Sarà una spesa che si aggiungerà ad altre, come abbonamenti mensili di software, promozioni social, materiale per disegnare. Un giorno mi piacerebbe affrontarle con i proventi della pagina stessa, quindi se avete piacere di supportarmi anche economicamente, vi lascio qui il link al mio profilo Ko-Fi!
Come sempre, grazie per seguirmi su Instagram e per seguire questo appuntamento mensile. Come sapete, mi dà la possibilità di esprimermi con lunghezza e senza paura di essere prolisso, privilegio che Instagram non mi concede.
Un abbraccio!