Lettera n. 019 - Cosa cambia, cosa non cambia mai
Questo mese compirò 30 anni, è tempo di tirare un po' di somme sul mondo attorno a noi.
Giugno 2023 è il mese in cui compirò 30 anni.
E’ piuttosto comune che le persone, arrivate a questi traguardi “tondi”, vogliano un po’ tirare le somme della propria vita. Lo si fa ai 18 anni, alla Laurea, ai 30 anni, e chissà quante altre volte nel corso dei decenni.
Credo lo farò anche io, privatamente.
Invece, ciò che voglio fare in questo numero di “Lettere da una civiltà in declino” è diverso: vorrei soffermarmi su alcuni temi importanti per me, per la società, e chiedermi se in questi anni siano andati avanti in modo apprezzabile, se siano sempre bloccati lì, se siano andati avanti in peggio.
Avrò a breve 30 anni, in che mondo siamo?
Uno dei miei temi preferiti, da sempre, è quello dell’equità intergenerazionale, ovvero dell’equa distribuzione delle risorse tra generazioni. Come ben sapete, veniamo subito dopo una delle generazioni forse più ricche e prospere che ci siano mai state, e si vede.
Quando ho iniziato ad occuparmi di questo tema attivamente, nel 2018, c’era una disparità tra generazioni fortissima. Tutti i luoghi di potere e decisionali erano occupati dai c.d. “boomer”, le riforme venivano fatte strizzando l’occhio ai pensionati/pensionandi e non agli studenti o ai giovani (vi ricordate Quota 100?) e sembrava che i dati di disoccupazione giovanile, fuga all’estero, NEET e insoddisfazione generale non interessassero a nessuno.
Oggi, a distanza di ben 5 anni, direi che le cose non sono cambiate molto.
Il clima di permacrisi ha acuito le disuguaglianze, l’inflazione alle stelle erode i nostri risparmi, il crollo delle nascite potrebbe portare a un collasso del sistema pensionistico, e ad oggi milioni di persone, prevalentemente giovani, vivono in un clima di pesante sfiducia verso il mondo del lavoro, e la sua capacità salvifica verso le nostre vite.
Mi piace sempre citare il Workplace Report 2022 di Gallup, quando dice che in Italia solo il 4% dei lavoratori si reputa “coinvolto” nel proprio lavoro. Parliamo di 1 persona su 25, e quindi non solo dei giovani.
In realtà la messa in discussione del ruolo onnipotente del lavoro può essere una buona notizia di questi anni - ci torneremo dopo - ma sicuramente non sono buone notizie tutte le altre: ci sono un insieme di temi che si concatenano tra di loro, peggiorandosi a vicenda.
Le crisi economiche e ambientali portano a sfiducia verso il lavoro, paura verso il futuro, e quindi tolgono il desiderio di fare figli, mettere famiglia, cercare una stabilità sempre più lontana e introvabile. Questo porterà alla crisi del sistema previdenziale, auto-realizzando la profezia che “non avremo la pensione”.
Anche la pensione integrativa, da molti sventolata come soluzione a questo problema, è una non-soluzione. In un mondo di povertà, working poor e aumento dei costi della vita, con stipendi sempre fermi, arrivare sereni a fine mese è già qualcosa; avere anche i soldi per la pensione complementare, va ben oltre.
“Mi sono fatto vecchio parlando di giovani”
Con riferimento a questo primo, grande tema, devo dire che “Mi sono fatto vecchio parlando di giovani”, e mi duole ammettere di essere arrivato a 30 anni vedendo solo peggiorare una situazione che ho provato a conoscere e combattere per un decennio.
Andando invece su cose positive, parlerei della consapevolezza.
Credo che la consapevolezza sia alla base di molto di quel che faccio con Mangiasogni. La consapevolezza intesa come primo passo, ovvero: capire a che punto siamo, per sapere dove andare.
Da questo punto di vista mi vengono in mente tanti importanti argomenti su cui penso siamo lontani da un risultato soddisfacente, ma sul quale è giusto osservare dei passi in avanti notevoli, che reputo un cambiamento positivo di questi anni.
Mi riferisco alle tematiche climatiche e ambientali, di identità di genere, di rispetto verso le minoranze, della tutela della salute mentale, della ricerca di un equilibrio tra vita privata e lavoro e, come scrivevo poco sopra, in generale il ruolo del lavoro nelle nostre vite.
Trovo giusto ripetermi: siamo ancora tanto, tanto lontani.
Anzi, credo che proprio su questi temi, dove l’immobilismo non ci ha trascinati nel fango, si veda un forte scollamento tra il “prima” e il “dopo”, tra chi sta andando verso diversi modi di vedere certe cose e chi invece vuole restare legato a vecchi schemi.
Il dibattito, su tutti questi argomenti, è più vivo che mai. Anzi, è feroce. E visto che sto tirando le somme di quel che vedo cambiare e non cambiare, devo dire di aver visto la politica cambiare in peggio.
La politica si è incattivita, e con lei tutti noi
Berlusconi non mi vedrà mai trentenne, e proprio lui fornisce un valido spunto. Per alcuni è stato il massimo antagonista, l’impersonificazione diabolica di un modo di vedere il mondo, così come il suo omologo statunitense Bush (Jr.). Chi ha una sensibilità politica progressista si è convinto che nulla di peggio potesse arrivare, e invece ci siamo trovati con Trump, Salvini, Farage, Grillo… una trasformazione del dibattito politico violenta, aggressiva, accesa, in cui tutto era concesso e nulla era mai troppo.
Un inasprimento della politica diventato un inasprimento del confronto umano. I social hanno portato a non avere davanti persone con cui confrontarsi ma nemici da distruggere, umiliare, attaccare, shitstormare, cancellare, deridere.
Un processo di tiktokizzazione della politica, del dibattito, dello scambio e della democrazia, che porta a vincere chi influenza di più, chi scandalizza di più, chi sa essere più virale, più social, più eclatante. Come se il futuro di un Paese, di un Pianeta, si potesse decidere così. A colpi di interazioni.
Velocità, tecnologia, superficialità
E arriviamo ovviamente al tema della tecnologia, che qui intendiamo come internet e derivati, che io reputo una grande delusione forse perché specchio di tutti questi vizi che trovo sempre meno sopportabili.
Faccio parte di quella generazione di entusiasti che alla tecnologia ci credeva, e molto. Ho visto i cellulari trasformarsi, i videogiochi evolvere e accompagnare le mie giornate, le auto diventare più sicure, i navigatori rendere i viaggi più comodi.
I social, all’inizio, ci hanno connesso. Hanno creato i primi gruppi, semplificato le cene di classe, l’associazionismo, permesso di ritrovare persone perse chissà dove. Un trasloco non diventava più un doloroso addio, ci si poteva comunque vedere e sentire.
Poi è successo che la tecnologia ha smesso di essere - ammesso che mai lo sia stata - quello strumento democratico di liberazione ed è diventata la più potente arma dei tecno-sovrani-assoluti, del GAFAM (Google Amazon Facebook Apple Microsoft), amplificando a dismisura tutti quegli aspetti scricchiolanti descritti poco sopra.
La tiktokizzazione del tutto ci sta privando del tempo di godere dell’arte, della musica, in un mondo in cui ogni cosa dev’essere a favore di algoritmo e quindi di tendenza, viralità, fruibilità. Tutto dev’essere leggero, veloce, agile, dimenticabile e vale per l’arte, gli artisti, i temi sociali, civili, politici.
Diventiamo veloci e frenetici anche noi, divorati da noi stessi e dal nostro bisogno di essere, dimostrare, performare, superarci, soddisfare gli obiettivi, le aspettative, spinti non solo da chi ci comanda di persona ma da un esercito invisibile di concorrenti eterei e digitali, pronti a dimostrarci in ogni istante quanto siamo lenti, stupidi, grassi, sbagliati, soli, deboli, falliti.
Le sfide dell’Intelligenza Artificiale, inoltre, ci aspettano come un ghigno inquietante nell’ombra. Per decenni ci siamo illusi che i robot ci avrebbero liberato dei lavori pesanti, ripetitivi, faticosi, e invece ecco che sostituiscono i lavori creativi, d’ingegno e di fantasia. Ovviamente a favore di algoritmo, di viralità, di GAFAM, di lucro.
Arrivo sicuramente ai miei 30 anni con un modo di vedere internet e questo tipo di tecnologia molto peggiore di quanto mi sarei immaginato anche solo 10 anni fa, e questo mi turba parecchio. La nostra società ormai quasi coincide con internet, e se internet è peggiorato, forse siamo peggiorati anche noi.
Tirare le somme
E quindi ad ogni fase importante della vita si fa l’esercizio di tirare le somme, di capire a che punto si è, dove si vorrebbe andare, cosa è cambiato e cosa no. Come potrete vedere, almeno dal mio punto di vista alcune cose sono migliorate, altre peggiorate, altre rimaste sempre uguali, e non è detto che sia un buon segno.
Qui, per pietà vostra, mi sono limitato a una piccola selezione, spero sufficiente a stimolare un po’ di dibattito, di scambio, di riflessione.
Ne approfitto anzi per chiedervi: cos’è importante per voi? A che punto vedete i temi per voi importanti? Pensate siano stati raggiunti bei risultati in qualcosa?
Vi invito come sempre a rispondermi qui, via e-mail, sui DM di Instagram o dove preferite. E, se avete piacere, di condividere e supportare questa newsletter. Mi piacerebbe investirci un po’ di più in futuro, e per farlo mi serve il vostro supporto.
Le solite conclusioni
Detto questo, vi ringrazio come sempre per lo splendido supporto che mi date, da ormai oltre 4 anni. Quando farò il mio riassunto personale all’arrivo dei 30 anni, sicuramente molti dei capitoli più belli e carichi di soddisfazione riguarderanno Mangiasogni, e le tante cose che mi ha permesso di realizzare, grazie al vostro appoggio e contributo.
Come ben sapete, molte delle mie energie creative in questi mesi sono state assorbite dal mio libro, “Niente come prima”, e dal tour promozionale che sto portando avanti in questi mesi.
Se avete piacere, QUI lo potete acquistare, e pure nelle librerie. E’ una bella storia, in cui ho inserito molti dei temi a noi cari, e farlo girare sarebbe molto importante. Quindi se vi va di parlarne in giro, recensirlo, consigliarlo, regalarlo, ve ne sarei davvero grato.
Inoltre, se avete la possibilità, scrivetemi pure per invitarmi in librerie, festival, eventi, rassegne, serate. Vedersi dal vivo è un antidoto a molti dei problemi elencati in questa newsletter, ce n’è bisogno!
Come promesso nelle stories, alla fine della newsletter un piccolo omaggio per chi mi segue su Substack!
Un abbraccio
Mangiasogni