Lettera n. 022 - Il futuro di Internet, il nostro futuro
Piattaforme, enshittification, il ruolo di artisti e creator. La battaglia per Internet entra nel vivo.
Inizio questo numero della newsletter ringraziando tutti coloro che vi sono ancora iscritti, e anche chi, dopo aver ricevuto questa e-mail, non la utilizzerà come promemoria per cancellare l’iscrizione.
Per un insieme di ragioni - prevalentemente il lavoro e le esigenze di vita - negli ultimi mesi ho coltivato di meno la newsletter, ma proprio per le cose che scriverò a breve, spazi come questo sono e saranno sempre più importanti. Non solo per me, per tutti noi.
Internet è la nostra casa, il nostro mondo.
Siamo nel 2024, e possiamo dire senza timore di essere smentiti che ormai Internet non fa più parte del nostro mondo, ma è il nostro mondo.
Da quando ci svegliamo a quando andiamo a dormire - e anche durante il sonno, talvolta - Internet interagisce con noi e noi con lei. Scrolling social, e-mail, tracking dei parametri vitali e del sonno, sport, mappe, food delivery, serie tv, shopping online, e-learning, tutorial… è veramente difficile ormai trovare parti del nostro quotidiano che non siano intrecciate con Internet.
Le nostre vite, quindi, salvo eventuali futuri imprevisti, sono e saranno un tutt’uno con Internet, che diventa qualcosa che non possiamo ignorare, di cui non possiamo non curarci. Se tutto quel che facciamo nelle nostre vite è online o influenzato da Internet, dovremmo almeno un po’ preoccuparci del suo stato di salute.
Coltivati da Internet: il problema delle piattaforme e della Creator Economy
E come sta oggi Internet? Male.
Suggerisco in tal senso la bella cronistoria fatta da Valerio Bassan nel suo “Riavviare il sistema” per vedere come Internet non sia sempre stata così, anzi, e che agli inizi fosse invece un luogo decentralizzato, plurale, democratico e sperimentale, dove la monetizzazione di ogni cosa era ancora lontana.
Oggi siamo in un contesto totalmente diverso. Non solo Internet è totalmente monetizzata in ogni sua interazione possibile e immaginabile, ma è monetizzata in modo iper-centralizzato.
Pochissime piattaforme - Google, Meta, Amazon, X, WeChat, Netflix ecc… - detengono un potere di stampo feudale praticamente assoluto, in cui utilizzano i nostri dati, la nostra memoria, la nostra attenzione e il nostro tempo come risorse per alimentare un sistema egemone di potere politico, economico e tecnologico, erigendo nel frattempo barriere all’ingresso nel mercato praticamente impossibili da scavalcare.
Un contesto in cui noi sostanzialmente siamo delle piante, e le piattaforme delle distanti aziende agricole che ci coltivano ed estraggono da noi ogni risorsa possibile (te lo saresti immaginato, un giorno, che da grande saresti diventato una pianta?).
Ma se noi siamo le piante e loro le aziende agricole, chi sono i contadini?
I Creator.
I primi monetizzati/monetizzatori, sin dai tempi di YouTube e oggi praticamente ovunque, che ogni giorno con la loro opera trasformano le nostre esperienze online in tv on demand perfette, ricevendo una mite ricompensa da onesti contadini - fama, notorietà, libri, sponsorizzazioni, podcast - mentre il grosso del profitto va a questi grandi proprietari terrieri.
Agli utenti, ovviamente, resta solo un po’ di intrattenimento fugace e superficiale, talvolta qualche notizia interessante, e poco più.
E se Internet stesse diventando una merda?
Continuando con le piattaforme, nel 2022 Gary Doctorow coniò il termine enshittification (che potremmo tradurre come “trasformazione in merda”) per descrivere il decadimento delle grandi piattaforme dell’internet, secondo un pattern riconoscibile.
Doctorow ritiene che le piattaforme prima entrano nel mercato conquistando gli utenti (noi), poi si consolidano conquistando i partner di business (gli autisti nel caso di Uber, le produzioni Audio/Video nel caso di Netflix ecc…) e poi?
Poi diventano così grandi, così forti e così guidate dagli azionisti e dal bisogno di profitto che non curano più gli interessi del cliente, non curano più gli interessi dei business partner ma solo di loro stesse.
Questo video spiega il fenomeno benissimo, descrivendo la situazione odierna di molte delle app che utilizziamo ogni giorno. Prezzi sempre più alti, servizi divisi per scaglioni, abbonamenti che sembrano non fare gli interessi di nessuno, in cui dobbiamo pagare sempre di più per avere quei servizi che inizialmente avevano permesso alle piattaforme di emergere e posizionarsi sul mercato.
Proprio qualche giorno fa ho provato a vedere un anime su Prime Video. Mi hanno chiesto € 1.99 al mese per non avere la pubblicità, poi € 4.99 al mese per accedere ad Anime Generation, il canale per vedere l’anime che cercavo, e poi € 4.99 al mese per il canale dei film horror. € 11.97 al mese per vedere cose che fino a poco tempo fa sarebbero state incluse nel mio abbonamento.
E vale così anche per le app di delivery, dove persino i prezzi del singolo prodotto sono più alti rispetto che al ristorante dove ordiniamo, e ci aggiungiamo consegne, consegne Priority, ordine minimo necessario ecc…
Insomma, soldi che sfuggono dalle nostre mani giorno dopo giorno, per finire sempre nelle solite, potentissime grinfie.
Non è un caso che lo stesso Doctorow nel 2024 abbia coniato il termine Enshittocene per descrivere proprio un’era in cui l’enshittification è davvero ovunque.
Riassumiamo.
Viviamo in Internet, sempre. Ogni giorno, per quasi tutto ciò che facciamo;
Internet è un sistema centralizzato governato da piattaforme onnipotenti, che usano la nostra memoria/attenzione/tempo per generare profitto, che va nelle mani delle persone più ricche, potenti e influenti del mondo;
Artisti, divulgatori e intrattenitori di ogni tipo, se vogliono avere visibilità o possibilità di carriera in ciò che amano, devono piegarsi alle piattaforme e alle loro regole, foraggiando il sistema di cui sopra con contenuti che ci tengono sempre più incollati agli schermi;
In tutto questo, le stesse piattaforme vivono l’enshittification, in cui per compiacere anonimi azionisti forniscono servizi sempre più scarsi e classisti in cambio di sempre più denaro;
I soldi che usiamo per gli abbonamenti che sottoscriviamo alle piattaforme dell’enshittification potrebbero essere destinati direttamente agli artisti/divulgatori che ci piacciono, liberandoli dal giogo delle piattaforme e permettendo a noi di spendere meglio.
E quindi?
Sono contrarissimo alla retorica secondo cui “i social sono strumenti neutri, sta a noi scegliere come usarli”, frase smentita da ormai ampia bibliografia (tra gli altri, i lavori di Geert Lovink e “La Macchina del Caos” di Max Fisher) quindi non direi mai che abbiamo del potere in questo senso, o il coltello dalla parte del manico. Non è così, visto che - lo ricordo per l’ennesima volta - i padroni delle piattaforme di Internet sono contemporaneamente ricchissimi, potentissimi, influenti e detentori di conoscenze uniche sulle innovazioni che verranno (vedi le AI).
Però, proprio perché noi su Internet non siamo più utenti ma consumatori, in quanto consumatori abbiamo il potere della scelta di consumo.
Come spendiamo il nostro tempo? E il nostro tempo online? E i nostri soldi?
Al momento, tutto va nelle piattaforme. Ci sono però delle possibilità di manovra verso scelte di consumo più consapevoli e che vadano nella direzione dell’Internet che vogliamo.
Supportare direttamente gli artisti e pensatori che ci piacciono, avvicinarci a forme di Internet decentralizzate - blog, fediverso, newsletter (ricordate cosa ho scritto all’inizio sull’importanza di questi spazi?) - il futuro dell’Internet parte da piccole e grandi scelte di consumo, da spendere 1.99 non per togliere le pubblicità su Prime ma per abbonarci mensilmente a un creator che ci piace, da supportare scelte di divulgazione alternative, micro portali, eventi dal vivo.
Perché è vero, rinunciare al mondo delle piattaforme è estremamente difficile, ma qualche sassolino può essere messo nei perfetti ingranaggi di questa macchina apparentemente infallibile.
Un po’ di news da Mangiasogni
Il 2023 è stato un anno in cui ho capito che raccontare storie, divulgare e creare non solo mi piace molto, ma è qualcosa che posso fare anche a livello più serio, quindi sto spendendo buona parte di questo 2024 a studiare.
Vorrei arrivare al termine di quest’anno come un narratore più interessante e più approfondito, un disegnatore più versatile e uno scrittore più capace.
Ci saranno alcuni eventi dal vivo che troverete sul sito, dove avete pure i contatti per invitarmi a eventi che organizzate voi.
“Niente come prima”, il mio romanzo d’esordio, è ancora il miglior modo per supportarmi. Non metto il link ad Amazon perché nel contesto di questa newsletter farebbe ridere, ma sapete che lì potete trovarlo facilmente, o eventualmente ordinarlo nelle vostre librerie di fiducia.
Infine, visto quanto scritto in queste righe, se avete piacere di supportarmi vi chiedo di condividere questa Newsletter. Condividetela, parlatene con amici, invitateli ad iscriversi, condividete screenshot delle parti che più vi sono piaciute.
Buona parte della lotta per il futuro che vogliamo parte dall’Internet che vogliamo, parte da qui.
Un abbraccio,
Mangiasogni