Lettera n.003 - Il Risveglio
I social sono la soluzione alla trappola di ipersocialità che loro stessi hanno creato, o il processo di zombificazione sta continuando? Riflessioni su Covid, politica e tecnologia
Ciao,
mi sembra di aver dormito per tantissimo tempo.
Guardo fuori dalla finestra e il mondo mi sembra sempre lo stesso: le auto hanno circa la stessa tecnologia; la gente va al lavoro come sempre; i robot ancora non hanno invaso le nostre strade, e gli alberi sono ancora vivi.
Capisco quindi che è solo un’impressione, che ho dormito per uno, massimo due anni.
Questa pandemia per fortuna non mi ha ucciso, non ha compromesso la mia salute fisica. Certamente però ha compromesso il mio rapporto con il tempo.
Novembre 2021, il Covid sembra (Substack non mi permette di sottolineare, ma voglio sottolineare SEMBRA) ormai destinato a diventare un ricordo, uno come tanti, una di quelle notizie che il giornalista cita distrattamente al termine di ogni telegiornale, insieme al gossip e ai risultati della Serie B di calcio.
Faccio parte di quei fortunati che non sono morti, non hanno perso dei cari molto stretti, non hanno perso il lavoro, hanno fatto pochissimi tamponi.
Non sono mai neanche stato positivo, e appena sono arrivati i vaccini sono corso a vaccinarmi, vista la mia fiducia cieca nella scienza e soprattutto nella ripartizione delle competenze che abbiamo fatto decine di migliaia di anni fa, quando abbiamo capito che non tutti potevamo essere cacciatori-coltivatori e abbiamo iniziato a specializzarci, fidandoci l’uno delle competenze dell’altro.
Nonostante ciò, la pandemia non mi ha lasciato indifferente.
Quando ripenso al 2020, è come se non fosse esistito. Guardo ai ricordi del 2019 come se fossero estremamente vicini, e quando penso che si tratta di ricordi di ormai 2 - quasi 3 - anni fa, ne resto profondamente colpito.
D’altra parte, il 2021 mi è sembrato infinito, lunghissimo. Cose accadute a marzo/aprile mi sembrano appartenere a un passato ormai lontano e fumoso.
Non ho le competenze per affidarmi a qualcosa di più preciso della mia sola impressione, ma da molto tempo ormai credo che il tempo non esista e sia soltanto percezione. Ecco: il 2020 non riesco più a percepirlo, il 2021 lo percepisco fin troppo.
Forse perché avevo delle aspettative enormi: nel recente passato, dopo ogni crisi sono iniziati periodi di progresso, sviluppo, eccessi, divertimenti sfrenati e voglia di vivere. Dopo la Prima Guerra Mondiale abbiamo avuto i famosi roaring twenties, dopo la Seconda il boom economico (di cui paghiamo ancora il prezzo, come ci insegna Generazione Zero).
Dopo il Covid? Nulla.
Sembra passata una vita da quando dicevamo che ne saremmo usciti migliori, e al momento di eccessi, progresso, feste e grandi innovazioni non si vede traccia. Anzi. Io mi sento stanco, pigro, uscire o organizzare viaggi mi viene più difficile di una volta, mi viene spontaneo ordinare una pizza a casa invece che mangiarla fuori, e guardandomi attorno ho la stessa impressione sulle altre persone.
Nel frattempo siamo tutti più arrabbiati, polarizzati, incapaci di comprendere punti di vista diversi dal nostro (no vax, no greenpass, ddl Zan, linguaggio inclusivo, tutti temi su cui il dialogo ormai è scomparso), sempre meno capaci di socializzare, confrontarci. Penso ad esempio che sia normale avere paura del nuovo metaverso di Mark Zuckerberg e degli effetti che avrà sulle nostre vite, trasformandole in una distopia di isolamento e interazioni virtuali. Ed è ancora più normale guardando bene al punto in cui siamo ora, che ripeto per comodità: arrabbiati, polarizzati, isolati.
Ma quindi, perché le altre volte le grandi crisi hanno portato enormi cambiamenti positivi, e noi al momento siamo impantanati?
Se seguite questa Newsletter, ormai mi conoscete bene, e conoscete il mio rapporto a dir poco controverso con smartphone e social network.
Ecco, credo che la grande novità rispetto ai roaring twenties e al boom economico sia proprio questa.
Vi immaginate tutto il lockdown di marzo 2020, o le successive zone arancioni e rosse, senza smartphone? Senza social network, Whatsapp, Netflix… sicuramente li avremmo vissuti peggio, in un modo quasi insopportabile con la mentalità di oggi, ma una volta terminato avremmo avuto una voglia di vivere irrefrenabile, di rivedere tutte le persone dopo mesi, recuperare il tempo perso.
Gli smartphone - e in particolare i social network - ci hanno permesso di trascorrere quei mesi in relativa tranquillità, sostituendo ancora di più le interazioni sociali “reali”. D’altra parte, i mesi di isolamento e di assenza da scuola, università e lavoro ci hanno messo nelle condizioni di riappropriarci ulteriormente del nostro tempo, in un modo ormai perduto dietro alla grande fretta in cui abbiamo vissuto per anni (e, siamo onesti, siamo già ritornati a vivere).
Probabilmente ci siamo accorti di essere stufi di quella ipersocialità 24/7 fatta di FOMO, FOBO, eventi a cui presenziare a tutti i costi, ovviamente da immortalare con post e stories di ogni genere, e questo nuovo isolamento-tech ci ha dato lo strumento per uscire da questa bolla di ipersocialità e sentirci liberi di dire di no a molti eventi, perché abbiamo scoperto che non c’è nulla di male a passare il sabato sera in casa davanti a un film.
La riflessione a cui arrivo, quindi, è la seguente: gli smartphone ci stanno fornendo una soluzione buona e funzionale per risolvere un problema di ipersocialità e FOMO che loro stessi hanno creato, facendoci rivalutare il tempo trascorso in casa, oppure si sta continuando un processo di zombificazione in atto da ormai 10 anni, con una nuova normalità di relazioni tecnologiche che ha approfittato del Covid per diventare sempre più presente nelle nostre vite?
Note finali più sul progetto Mangiasogni, con qualche considerazione e un po’ di aggiornamenti:
Negli ultimi tempi ho parlato spesso di polarizzazione, individualismo, corsa per se stessi, ad esempio qui o nella bellissima collaborazione con Alessandro Sahebi. Un’importante soluzione per i tanti problemi della nostra epoca sarebbe riappropriarsi del senso di collettività, di partecipazione, anche e soprattutto fisica, in associazioni e partiti. Come ho scritto nelle stories, la vicenda sul ddl Zan ci ricorda che i luoghi della politica sono sempre quelli, ed è solo così che si influenzano davvero le cose, non su Instagram, che dev’essere un punto di partenza, uno strumento, ma mai una destinazione;
La pagina Instagram di Mangiasogni è sempre più vicina al traguardo dei 20.000 follower. Un traguardo chiaramente inatteso, che mi emoziona molto. Per questo vi chiedo, se vi piace quel che faccio, di condividere e salvare i miei post, per aiutarmi a crescere ancora di più;
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