Lettera n.024 - La Generazione Zero
Cosa resterà dei trenta-quarantenni di oggi? Riflessioni su una generazione fantasma
Generazione Zero è stata un’associazione politica apartitica che ho co-fondato nel 2018, e di cui sono stato Vicepresidente fino al 2022, anno del suo scioglimento.
Lo scopo dell’associazione, che ci sembrava grave e imminente nel 2018, era l’equità intergenerazionale: equa ripartizione delle risorse e opportunità tra generazioni.
Nel 2018 era già chiarissimo l’enorme dislivello tra i c.d. “boomer” intesi in senso lato, e noi, quelli venuti dopo.
Dopo anni di iniziative più o meno deserte, l’associazione ha chiuso senza portare a casa nulla. Come disse uno di noi: “mi sono fatto vecchio parlando di giovani”.
Nel 2024 inoltrato sento che avevamo ragione su tutti i temi trattati, che - doveroso ripeterlo - ci sembravano urgenti già 6 anni fa; ma avevamo ragione anche su un’altra cosa: siamo la Generazione Zero, ma forse non nel modo che pensiamo.
Lo dico sin da subito: questa newsletter farà storcere il naso a qualcuno.
I post in cui storicamente ho provato a interrogarmi sulla divisione “boomer-cattivi/giovani-vittime” sono quelli che hanno avuto l’accoglienza peggiore, con le critiche più vivaci. La mia attività si basa quasi interamente sul raccontare i problemi dei giovani di oggi, quindi è comprensibile che quando cambio prospettiva si generi del disorientamento. Ma non importa, trovo sia giusto farlo.
Anzi, ne approfitto: se non concordate con quanto scrivo, commentate, rispondete! Dibattiamone, che è sempre utile.
La Casa dei Fantasmi
In questa newsletter parlerò di persone in Italia - nel senso più lato del termine - nate tra il 1980 e il 2000, anno più anno meno. Persone che oggi hanno tra i 24 e i 44 anni circa. Per praticità, mi riferirò a loro come Fantasmi.
Siamo una generazione invisibile, o rischiamo di esserlo.
Molti di noi sono arrivati a un’età adulta e responsabile con un impatto complessivamente trascurabile sulla politica, sulla storia, sulla cultura. Fatta eccezione per i fenomeni del web - con i cambiamenti di immaginario e linguaggio avvenuti all’interno di questo metamondo - non è facile trovare rivoluzioni o cambi di passo apportati dai Fantasmi, o contributi che rendano la loro epoca - la nostra - nettamente diversa da quella precedente.
Di fatto, nel 2024, con alcuni dei Fantasmi giunti in età avanzata, viviamo ancora nel mondo dei famigerati Boomer. Le nostre vite seguono le loro regole, il loro linguaggio, le loro tappe, l’ideale del lavoro, della carriera, della stabilità e della famiglia. In un mondo ormai totalmente irriconoscibile rispetto agli anni Novanta, noi viviamo simulacri delle vite dei nostri genitori, pensando di poter seguire le loro tappe e avere risultati analoghi, nonostante tutto sia cambiato.
Ed è cambiato come conseguenza delle loro azioni, delle loro omissioni, delle conseguenze di certe visioni eccessivamente miopi e quantitative, non di certo per un nostro contributo.
I nati tra il 1980 e il 1985 potrebbero a questo punto raccontare il G8 del 2001, e tutto quel moto che ha portato agli eventi di Genova, con un entusiasmo spento subito dalla dura repressione e dall’11 settembre e, qualche anno dopo, dalla crisi del 2008. Da quel 2001, in ogni caso, sono passati 23 anni, ed esperimenti simili di mobilitazione non si sono più visti, se non in rare eccezioni.
Tentativi di organizzarsi tra Fantasmi ci sono stati, negli anni: da Volt a Fridays For Future, passando per le Sardine e per la “mia” Generazione Zero. Ma a distanza di anni, eccezion fatta per FFF, questi movimenti hanno prodotto solo qualche goloso seggio per i leader che li guidavano, e poco più.
I Fantasmi non stanno bene
Eppure basta guardarsi attorno, parlare con qualcuno, per rendersi conto che i Fantasmi non stanno bene.
Più poveri dei loro genitori, immersi in un contesto di permacrisi che dura da 16 anni, angosciati dall’emergenza climatica e con una salute mentale traballante, i Fantasmi avrebbero ottimi motivi per voler agire, dire la loro e prendere il timone.
Ma succede poco o niente. Migliaia e migliaia di TikTok attivisti, di meme, di vignette oscure e di podcast riempiono le nostre giornate, ogni nostro silenzio e ogni nostro momento, senza mai diventare qualcosa, senza mai incidere veramente.
Questo - corro il rischio di ripetermi - non vale solo per il cruciale ambito della politica, della società e della determinazione del proprio futuro, ma anche per la cultura, il linguaggio e l’arte, dove poco di nuovo o di “generazionale” pare essere all’orizzonte.
Cosa ci ha ucciso?
In questa newsletter sto parlando di Fantasmi. I Fantasmi, per essere tali, devono innanzitutto essere morti. Cosa ha ucciso l’entusiasmo di almeno 2 generazioni?
Perché in 16 anni dalla crisi del 2008, 23 dal G8 del 2001, 26 da quando i primi Millennial sono diventati adulti, non siamo mai riusciti ad incidere, a far capire chiaramente che una nuova epoca era giunta, e che il mondo dei Boomer aveva fatto il suo tempo?
Le motivazioni potrebbero essere tantissime, variegate e confuse tra di loro. Qui, per motivi di spazio e per non rendere la newsletter un saggio breve, parlerò di tre di queste.
Permacrisi
Inizierei dalla più semplice, ma impossibile da ignorare. Viviamo un tempo di crisi permanente, dove non solo ne esistono di continuo, ma si sommano tra di loro e si influenzano a vicenda (da qualche parte ho letto anche policrisi). Crisi economiche, climatiche, geopolitiche, demografiche, energetiche, crollo del livello di salute mentale complessiva, ansie sociali, forniscono un quadro di partenza assolutamente non rassicurante, in cui è doveroso collocare la vita dei nostri Fantasmi.
Il passato ci manca, il presente ci angoscia, il futuro ci spaventa. Guardare avanti e trovare la forza per motivare il nostro impegno non è semplice, come ci ricordavano sia Galimberti che P. Angela in diverse occasioni.
A mancare quindi è la motivazione, lo slancio, la visione a lungo termine. C’è un desiderio di ignorare il futuro che spinge a guardare ad un presente eterno, ben drogato dagli stimoli che ci infliggiamo non solo con le sostanze tradizionali ma con nuove forme audiovisive sempre più performanti.
C’è un silenzioso ma perdurante stato di agitazione che influenza le nostre scelte, che ci ronza nella testa e ci pesa sullo stomaco, dove le iniziative su progetti a lungo termine spesso vengono spente da un “ma chi me lo fa fare?”.
Individualismo
Chiarito il contesto, passiamo alle parti più spinose. Non so se per deformato assorbimento dei valori boomer o altro, ma siamo individualisti. Tremendamente individualisti. Ci siamo persino illusi di poter trovare soluzioni individuali a problemi collettivi. Il mondo del lavoro fa schifo? Mi dimetto o emigro; I salari reali non crescono? Faccio job hopping o un master; Sono distrutto e scarico? Vado in terapia (sacrosanto, ma forse andrebbe accompagnata ad una riflessione sul perché stiamo tutti così).
Usiamo le nostre migliori energie per impressionare qualcun altro. Le persone più capaci e volenterose, le più privilegiate, sembrano voler spendere il loro tempo al servizio di qualcun altro, seguendo un modello di vita che pare non essere più desiderabile e funzionante sotto diversi punti di vista, in un carrierismo verticale che si traduce in speranze di promozione, burnout, crisi esistenziali, iper-connessione in cambio di stipendi modesti o non commisurati all’impegno profuso.
Un mondo dell’istruzione e del lavoro diventato iper-competitivo funge da pesante disincentivo verso forme di riflessione e azione di più ampio respiro, e magari collettive.
Come fa uno stagista stressato e sottopagato a non presentarsi al lavoro per andare a una manifestazione? Come fa una persona pagata 800 euro al mese a Milano con due lavori, a prendersi le sere per fare politica o associazionismo?
E qui parlo implicitamente di persone presumibilmente laureate, che vogliono seguire una qualche carriera d’ufficio. C’è anche tutto il resto.
Ma volendo restare sulla “migliore gioventù” - definizione terribile - ci sono delle responsabilità che a mio avviso è doveroso sollevare. Le responsabilità di chi pensa di salvarsi da solo, di chi non vuole impiegare tempo per la cosa pubblica, di chi, attratto dalle sirene del mercato e dei suoi lauti guadagni, non ci pensa nemmeno a fare l’Assessore o il Sindaco perché perderebbe 5 anni utili a scalare qualche gerarchia aziendale e portare a casa 200 euro in più al mese.
Capisco che il contesto sia demotivante, ne parlavo poco prima, ma davvero non si può fare di più? Davvero l’unica cosa che ci rimane è aderire più possibile a un modello di 30 anni fa, sperando che dia gli stessi risultati che ha dato ai nostri genitori? Nell’epoca del maggior scambio di informazioni e idee, non sappiamo inventare nulla di diverso o più aderente alla nostra realtà?
Abbiamo troppo da perdere
E arrivo all’ultimo punto. Sono da molto convinto che un ulteriore freno alla fine dell’era boomer sia che abbiamo davvero troppo da perdere.
Veniamo dopo una delle generazioni più prospere della storia umana, che ci ha regalato infanzie economicamente serene, la possibilità di studiare, arrivare a una laurea, un lavoro; nei casi più fortunati ci ha comprato casa, prospettato gustose eredità, lasciato aziende, attività, vite fortunate e impacchettate.
Tradire tutto questo è difficile non solo al livello umano, nel senso di guardare negli occhi i nostri genitori e ripudiare ciò che ci hanno dato, ma anche su un piano molto più concreto, pragmatico.
Ciò che abbiamo ricevuto è molto più di quanto si ha in altre parti del mondo, o in diversi momenti della storia, e sebbene sia un grande sollievo, è a suo modo una condanna.
Perché probabilmente molti di noi, nonostante tutto, stanno bene. Stanno bene al punto tale da non porsi nemmeno questi problemi, oppure se li pongono, e si accorgono che mettere in dubbio tutto, uscire dal mondo dei Fantasmi, richiederebbe un prezzo più alto di quanto si sia disposti a pagare.
Lo scenario ampiamente descritto in queste righe aiuta a dare la sensazione che si sa quel che si lascia ma non quel che si trova, rendendo difficile cercare o causare uno strappo da un sistema che ci ha dato tanto.
Forse è questo il momento in cui tutti noi ci accorgiamo di come si sentano i privilegiati, quando gli chiediamo di rinunciare a ciò che hanno, o quantomeno di mettersi in discussione.
In conclusione
Ne è emersa una newsletter lunghissima, in cui ho dovuto anche tagliare o evitare parti. Un argomento così forse meriterebbe un libro (uhm…).
Mentre ho scritto queste righe ho compiuto 31 anni, per certi versi “mi sono fatto vecchio parlando di giovani”, e ho fatto fatica a trattenere l’amarezza delle cose che scrivevo.
I 40enni di oggi, gli “early Millennials”, sono forse già passati trasparenti alla nostra piccola storia, e quelli della mia età rischiano seriamente di seguirli, accompagnati dai c.d. “early GenZ”, che oggi hanno anche 25-28 anni.
Ciò che forse abbiamo dimenticato di questa vicenda è di essere arrivati ad un punto delle nostre vite dove possiamo permetterci di pretendere, di essere finalmente adulti e immaginarci come presente e futuro della classe dirigente del pianeta, o almeno del Paese.
Che anche se le nostre adolescenze sembrano eterne, tra luoghi di lavoro che non ci pagano o responsabilizzano mai abbastanza, e tappe di vita dilatate dall’allungamento della prospettiva di vita, a 25 anni - e oltre - abbiamo il diritto e il dovere di plasmare il nostro mondo, in modo che sia più somigliante a ciò che ci troviamo ad avere oggi, e magari anche ispirato ad una visione di futuro che possa essere più vicina ai nostri valori, ai nostri ideali.
Non è facile. Credo ad esempio che un movimento dei giovani per i giovani non possa essere la risposta: le diverse situazioni personali, le diverse esigenze e le diverse possibili soluzioni dettate da diverse ideologie - ripetizioni volute - frammenterebbero subito il fronte.
Non ho ancora le idee chiare su possibili soluzioni e vie d’uscita, per questo mi piacerebbe che mi aiutaste voi! Aspetto commenti, messaggi, spunti, quel che volete: parliamone!
Un po’ di notizie da Mangiasogni
Ho fatto un TED Talk! Ho parlato di molti dei temi abbozzati qui, quando uscirà il video ve lo mando;
I 231 caffè ricevuti QUI sono molto importanti per sostenere la mia arte e le spese che ne derivano. Se ti piace ciò che faccio, valuta un caffè o un’iscrizione mensile!
Ho scritto un libro sullo smarrimento, il tempo che passa e la solitudine nel diventare adulti, Niente come prima. Al momento è piaciuto, se vuoi leggerlo o fare un regalo, sarebbe un prezioso sostegno anche per me;
Ho sempre piacere a parlare dal vivo. Se organizzi eventi, scrivimi che ci organizziamo!
Dopo mesi un po’ turbolenti ho abbassato un po’ il ritmo, ma ho diversi progetti in canna che non vedo l’ora di mostrarvi. Grazie come sempre per tutto il supporto, preziosissimo e mai dato per scontato!
Un abbraccio,
Mangiasogni